Dopo aver  parlato di come proteggere l’acqua dolce conservando le foreste oggi vogliamo  soffermarci  su un altro modo di proteggere le nostre falde acquifere

 

 

LE ZONE UMIDE💧

 

Durante la storia umana i terreni paludosi sono sempre stati considerati come inutili, improduttivi, pronti ad essere bonificati per creare terreni agricoli e urbani

Dal 1700 sono scomparsi 3,4 milioni di chilometri quadrati di zone umide nel mondo, principalmente a causa della conversione del terreno per uso agricolo dalla metà del 1900 in poi.

Di fatto quello che ci ha raccontato @Sapiens nell’ultima puntata sull’agro Pontino nel Lazio ( consiglio di vederla https://youtu.be/RELCIO0qQSE )

Tuttavia, siamo ancora in tempo per salvarle.

Nel 1971 la conservazione di questi ambienti è stata riconosciuta come una priorità internazionale grazie alla convenzione Ramsar, il cui obiettivo è quello di garantire la conservazione e l’uso sostenibile di queste aree, importanti per la biodiversità, le comunità locali e il benessere globale.
La convenzione è stata firmata da 170 paesi e include oltre 2.400 siti di protezione delle zone umide nel mondo.

Come ha appunto affermato Etienne Fluet-Chouinard della Stanford University, autore principale dello studio:

“questa è una buona notizia, perché non è ancora troppo tardi per salvare la maggior parte delle zone umide nel mondo”….

Da questo studio è finalmente emerso che zone di torbiera, marcite, paludi alluvionali e via dicendo esistono ancora in grandi quantità ad esempio in Canada, Siberia, Congo, Amazzonia, Alaska e Spagna – unico paese europeo con il 50 per cento di zone umide ancora intatto.

Una follia ( l’ennesima dei sapiens ..) dato che la scomparsa delle zone umide riguarda lo stoccaggio dell’acqua, la sua qualità e il suo approvvigionamento, l’assorbimento di grandi quantità di carbonio, la protezione dagli incendi, la biodiversità, le alluvioni, le acque sotterranee, i nutrimenti, la siccità e molto altro.

Non sono  ASSOLUTAMENTE terreni inutili da bonificare.

Chi può salvarle?

Una piccola bestiolina pelosa che adora le zone umide, anzi le crea!

Stiamo parlando del castoro.

Il castoro, infatti, costruisce una diga lungo il corso del fiume per far sì che si crei uno stagno, al cui interno realizzare la propria dimora. Ma ciò che il castoro – forse – non sa è che costruendo la diga genera dei benefici incredibili per tutti.

La sua diga trasforma un semplice corso d’acqua in un fiorente ecosistema di zona umida. La biodiversità ne giova tantissimo, moltissime specie di rane, pesci e invertebrati sono ritornate nelle zone in cui è presente il castoro, e secondo alcuni studi gli stagni realizzati dai castori contengono il doppio delle specie di mammiferi rispetto ad altri stagni.

Grazie a diversi progetti di reintroduzione i castori sono tornati in gran numero sia in Nord America che in Europa.

Da poco sono riapparsi anche nel Tevere.

Proteggere i castori avrebbe quindi una doppia valenza, sia direttamente legata alla salvaguardia della specie che indirettamente alla protezione delle zone umide

Quindi la protezione della biodiversità e degli ecosistemi  rimane una delle soluzioni immediate per combattere anche la siccità che ci accompagnerà spesso in questo decennio.

    fonti: Life Gate


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